Le strade di avvicinamento del jazz al grande pubblico passano, spesso, per la ricerca della trasversalità e della contaminazione. A volte  é così, spesso no. A volte i puristi storcono il naso, e si rischia di intrappolare la musica afroamericana nella nostalgia, ma anche nelle nicchie dell'incomunicabilità. Niente di tutto questo dalle parti dei Media Res, un gruppo di navigati musicisti romani che ha deciso con l'omonimo debutto di "colorare" il jazz.

E così, in un contesto intimistico, basato su brillanti arrangiamenti, su di un savoir faire invidiabile - ottimi i singoli musicisti - il lavoro naviga a vista nei mari "esotici" e nel lirismo mediteraneo, non trascurando gli stilemi e i luoghi comuni dell'impegno

E in questa "zattera" di possibilità, le percussioni afrocubane ("As It Is"), le suggestioni da mal d'Africa ("Nakuru Lake"), fanno la loro parte nella costruzione di tessiture, allo stesso tempo delicate e rarefatte, eleganti e mai invadenti ("The Child Who Never Played"), che sembrano quasi l'emblema della leggerezza ("Dance You Can Dance", "Jali", "Nakuru Lake").

Guidati dal sassofonista Gianni Savelli (musicista ha collaborato, tra gli altri, con Yusef Lateef e Lester Bowie, ma anche con Ornella Vanoni e Ray Charles, dimostrando tutta la sua versatilità tra generi e musiche), i cinque musicisti (tutti con prestigiose collaborazioni alle spalle) danno una prova d'insieme di tutto rilievo.

Più che una "terra di mezzo", questo CD é una terra di grazia.